"Attribuisco alla scolarizzazione della società l’incapacità di cogliere il valore del
nuovo e quindi anche di Internet." Mi sembra una frase molto forte e un po' pericolosa. Generalizzare crea sempre dei problemi. Vorrei ricordare che la frequenza scolastica è da considerare un evento rivoluzionario.Scuola vuol dire istruzione, dunque conoscenza. Se viene messo in dubbio il modo in cui questa istruzione viene fatta è un altro discorso, se ne può parlare, ma riconoscere alla scolarizzazione in sè la responsabilità della chiusura al nuovo mi sembra non solo sbagliato, ma addirittura paradossale.
Talvolta, è vero, la scuola rischia di essere solo un luogo dove il professore sfoggia la prorpia cultura senza preoccuparsi di trasmetterla al giovane e soprattutto di indirizzarlo ad un approccio critico, ma non sempre per fortuna. Io -forse per buona sorte, o forse perchè la percentuale di professori sopra descritti non è così alta- ho trovato lungo il mio cammino scolastico dei professori veramente fantastici. Non solo mi hanno insegnato molto della loro materia, ma mi hanno trasmesso la loro passione, il loro stupore e ammirazione davanti ad opere classiche e teoremi matematici. La cosa più importante però è che mi hanno trasmesso dei valori, valori per la vita. Poteva capitare leggendo i classici greci e latini, leggendo Dante, Leopardi e Manzoni, discutendo attivamente faccia a faccia sulle atrocità della guerra, sugli eventi politici degli ultimi secoli, filosofando in compagnia dei più grandi pensatori, oppure semplicemente parlando faccia a faccia.
Questo tipo di istruzione, a mio avviso, rientra in un processo più grande: quello dell'educazione.
Anche riguardo a questo ho avuti dei dubbi leggendo la sua riflessione.
"È accaduto per la conseguente scolarizzazione della
società. La famiglia non educa più, appalta l’educazione ad altri e gestisce la
giornata dei figli. I genitori sono diventati i manager dei propri figli. In parte
perché non hanno tempo ma in parte perché non hanno molto da tramandare.
Si sono interrotti i fili lungo i quali si trasmetteva il sapere, di generazione in
generazione." Forse rientrerò sempre in quella percentuale di persone fortunate (e non voglio che questo mi chiuda gli occhi davanti a problemi diffusi nella nostra società), ma devo dire con molto più ottimismo che, a parer mio, la diffusione del sapere da generazione a generazione non si è interrotto, è solo cambiato. Certo ora non si passano più giornate intere con i nonn che ti portano con loro all'orto (anche se a volte capita comunque); ci sono gli sport il pomeriggio, lo strumento da studiare, i compiti che aumentano tutte le settimane, e la televisione che è diventata purtroppo "un' ottima baby sitter". Coi nonni magari si sta meno tempo, ma la qualità di quel tempo non è cambiata: il modo dolce e malinconico con cui ti raccontano quanto poco mangiavano loro quando lasci qualcosa nel piatto, gli aneddotti che ti raccontano quando fai una passagiata, il modo giusto di potare i ciliegi...sono sempre gli stessi. Anche per i genitori è così, ridurli a dei manager mi sembra proprio ingiusto: devono riuscire a trasmettere ai figli conoscenze, valori, raccomandazioni e tanto affetto...tutto questo con meno tempo a disposizione e con dei figli che hanno molte più distrazioni.
Insomma sono riuscita ad essere logorroica anche avendo provato a fare una selezione di cose da dire....
Nessun commento:
Posta un commento